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Ancora quattro allenatori diversi in una stagione: arriverà la salvezza per la Salernitana?

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Quando la storia si ripete due volte non è mai un buon segno: la Salernitana ha cambiato quattro guide tecniche per la seconda stagione di fila. La strategia non ha avuto grande successo già nella scorsa stagione, ma c’è sempre la flebile speranza che il risultato finale possa essere diverso.

Salernitana: quattro allenatori e due moduli diversi

Fare un excursus sul susseguirsi di allenatori sulla panchina granata avvenuto in questa stagione non è semplice.


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Si parte dal processo di ricostruzione post-retrocessione avviato quest’estate, con l’ingresso in società del DS Gianluca Petrachi al posto di Walter Sabatini e la presentazione di Giovanni Martusciello come nuovo mister dopo il mancato arrivo di Andrea Sottil. I messaggi arrivati durante la conferenza stampa di presentazione mettono almeno due cose in chiaro: la squadra va ristrutturata da cima a fondo e il dogma è il ritorno alla difesa a quattro.

Mister Martusciello, storico secondo di Maurizio Sarri, vuole puntare tutto sul 4-3-3 e la squadra viene costruita seguendo i dettami del tecnico ischitano. A dispetto dei primi risultati incoraggianti che permettono ai granata di galleggiare in zona play-off, l’intera gestione Martusciello si contraddistingue per una fase difensiva piuttosto leggera. Questa, combinata con una sterilità sotto-porta preoccupante, porta la squadra a perdere, poco a poco, contatto con le zone nobili della classifica. Il mister viene esonerato alla tredicesima giornata, dopo aver ottenuto 3 vittorie, 4 pareggi e 6 sconfitte.

Considerato il problema dei gol subiti (ben 18 in 13 partite) l’11 novembre viene richiamato Stefano Colantuono, già traghettatore nelle ultime partite della scorsa stagione in Serie A. Il più pragmatico tecnico romano rispolvera la difesa a tre e si affida ad un più prudente 3-5-2. Nelle 7 partite in cui resta in carica, Colantuono non riesce a dare la sterzata richiesta e, con il magro bottino di 1 vittoria, 2 pareggi e 4 sconfitte, il 3 gennaio lascia in favore di Roberto Breda. La rivoluzione tecnica coinvolge pure Petrachi, sostituito dall’attuale DS Marco Valentini.

L’ex capitano della Salernitana è una soluzione di continuità, pertanto si lavora ad un mercato atto a dare seguito al 3-5-2. Il tecnico trevigiano, però, nonostante sia riuscito a trovare una certa solidità difensiva, non riesce a tirare fuori la squadra dal pantano della zona retrocessione a causa di una sterilità offensiva preoccupante. Breda viene esonerato dopo 12 partite in cui ha ottenuto 3 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte, con una media-punti praticamente identica a quella di Martusciello. Con l’affidamento della squadra a Pasquale Marino, tutte le scelte successive all’esonero di Martusciello vengono sconfessate per rispolverare il 4-3-3. Un ritorno alle origini che chissà se pagherà. L’unica cosa certa è che il tutto è costato 16 milioni di euro di investimenti sul mercato, due DS e tre allenatori a busta paga (per fortuna di Iervolino, Colantuono aveva risolto il contratto).

La storia già vista: i quattro cambi dell’anno scorso

Come anticipato poc’anzi, quella di quest’anno è una situazione di déjà vu. Già nella disastrosa scorsa stagione in A, terminata con una mesta retrocessione all’ultimo posto, la Salernitana adoperò quattro cambi di allenatore per aspettare una sterzata che non arrivò mai.

L’inizio difficile sotto la gestione di Paulo Sousa e i continui screzi tra il tecnico lusitano e l’allora DS Morgan De Sanctis condizionarono pesantemente la sessione di mercato estiva. Il portoghese, affidandosi ai suoi 3-4-2-1 e 4-3-2-1, non riuscì ad ottenere nemmeno una vittoria, lasciando la barca dopo 8 partite in cui ottenne il magro bottino di 3 pareggi e 5 sconfitte.

© Carlo Giacomazza; Us Salernitana 1919

Il 10 ottobre, per sostituire Sousa, arriva Filippo Inzaghi, tecnico specialista nelle promozioni dalla B alla A, ma reduce da tre stagioni in A poco esaltanti alla guida di Milan, Bologna e Benevento. L’allenatore piacentino decide di puntare su un prudente 3-5-2 per dare alla squadra più sicurezza a livello difensivo, ma i granata si ritrovano ultimi a -7 dalla salvezza. Nel frattempo, De Sanctis viene rimpiazzato dal cavallo di ritorno Walter Sabatini e il rapporto poco idilliaco tra il nuovo DG e il trainer emiliano culmina nell’esonero di quest’ultimo.

Inzaghi lascia Salerno dopo aver ottenuto 2 vittorie, 4 pareggi e 10 sconfitte in 16 partite. Al suo posto, l’11 febbraio viene scelto Fabio Liverani, tecnico più votato al gioco offensivo con i suoi 4-3-3 e 4-3-1-2. La scelta si rivelerà infelice: il trainer romano viene esonerato dopo solo 5 partite in cui racimola 1 pareggio e 4 sconfitte, lasciando in eredità una squadra sconquassata dai dissidi interni (vedi caso Dia) e una difesa colabrodo con 12 gol subiti.

Vista la situazione virtualmente compromessa, il 19 marzo si opta per la soluzione interna che porta il nome di Stefano Colantuono. L’allora responsabile del settore giovanile traghettò la squadra nelle rimanenti 9 partite, ottenendo lo score di 3 pareggi (di cui 2 prestigiosi sui campi di Juventus e Milan) e 6 sconfitte alternando perlopiù 3-4-2-1 e 3-5-2.

La sensazione di déjà vu diventa ancora più inquietante se si pensa a quante similitudini si riescano a trovare con la stagione attuale. I quattro allenatori (di cui l’unica costante è il ritorno di Colantuono), due uomini mercato diversi, continui cambi modulo, quasi 29 milioni spesi sul mercato e confusione totale a livello dirigenziale si riflettono come in uno specchio.

Quattro allenatori cambiati: chi come la Salernitana

Quanto fatto dai granata in queste ultime due stagioni sui cambi di allenatore non è un unicum nel panorama calcistico italiano.

I precedenti sono perlopiù sconfortanti perché quasi in nessun caso è arrivato il lieto fine, sia per quanto riguarda la corsa salvezza che per quanto concerne obiettivi più nobili. Pensando alla salvezza, il pensiero non può non arrivare al Napoli 1997-1998. I partenopei chiusero quella disgraziata stagione all’ultimo posto in Serie A alternando sulla propria panchina Bortolo Mutti, Carlo Mazzone, Giovanni Galeone e il traghettatore Vincenzo Montefusco. Certo, un disastro come quello perpetrato dal Palermo 2016-2017, in cui l’allora vulcanico presidente Maurizio Zamparini cambiò addirittura 5 allenatori per scongiurare l’inevitabile retrocessione in B (Davide Ballardini, Roberto De Zerbi, Eugenio Corini, Diego Lopez, Diego Bortoluzzi), dalle parti di Salerno ancora non si è mai visto.

Per quanto concerne obiettivi più nobili, come fai a non pensare all’Inter 1998-1999, che si ritrovò fuori da lotta Scudetto e coppe europee dopo aver visto sedere in panchina Gigi Simoni, Mircea Lucescu, Luciano Castellini e Roy Hodgson? Oppure alla Roma 2004-2005 che, con Cesare Prandelli, Rudi Voeller, Gigi Delneri e Bruno Conti, si ritrovò improvvisamente a lottare per la salvezza anziché per lo Scudetto?

Eppure qualche illustre precedente a lieto fine c’è. Non c’è bisogno di girare più di tanto le lancette dell’orologio, basta semplicemente ricordare cosa accadde l’anno scorso in Serie B, più precisamente a Bari. Nella scorsa stagione, la squadra pugliese riuscì a centrare una clamorosa salvezza ai play-out contro la Ternana dopo aver cambiato quattro allenatori: Michele Mignani, Pasquale Marino, Beppe Iachini e Federico Giampaolo. Oppure basta ricordare la tribolata salvezza in A del Palermo nella stagione 2015-2016, che riuscì a salvarsi all’ultima giornata con questa sequenza da brividi: Iachini, Ballardini, Viviani, Bosi, Giovanni Tedesco, ancora Iachini, Novellino e ritorno finale di Ballardini. Sei allenatori diversi e otto cambi in totale. Insomma, la Salernitana può prendere spunto da almeno un paio di miracoli.

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Si parte dal processo di ricostruzione post-retrocessione avviato quest’estate, con l’ingresso in società del DS Gianluca Petrachi al posto di Walter Sabatini e la presentazione di Giovanni Martusciello come nuovo mister dopo il mancato arrivo di Andrea Sottil. I messaggi arrivati durante la conferenza stampa di presentazione mettono almeno due cose in chiaro: la squadra va ristrutturata da cima a fondo e il dogma è il ritorno alla difesa a quattro.

Mister Martusciello, storico secondo di Maurizio Sarri, vuole puntare tutto sul 4-3-3 e la squadra viene costruita seguendo i dettami del tecnico ischitano. A dispetto dei primi risultati incoraggianti che permettono ai granata di galleggiare in zona play-off, l’intera gestione Martusciello si contraddistingue per una fase difensiva piuttosto leggera. Questa, combinata con una sterilità sotto-porta preoccupante, porta la squadra a perdere, poco a poco, contatto con le zone nobili della classifica. Il mister viene esonerato alla tredicesima giornata, dopo aver ottenuto 3 vittorie, 4 pareggi e 6 sconfitte.

Considerato il problema dei gol subiti (ben 18 in 13 partite) l’11 novembre viene richiamato Stefano Colantuono, già traghettatore nelle ultime partite della scorsa stagione in Serie A. Il più pragmatico tecnico romano rispolvera la difesa a tre e si affida ad un più prudente 3-5-2. Nelle 7 partite in cui resta in carica, Colantuono non riesce a dare la sterzata richiesta e, con il magro bottino di 1 vittoria, 2 pareggi e 4 sconfitte, il 3 gennaio lascia in favore di Roberto Breda. La rivoluzione tecnica coinvolge pure Petrachi, sostituito dall’attuale DS Marco Valentini.

L’ex capitano della Salernitana è una soluzione di continuità, pertanto si lavora ad un mercato atto a dare seguito al 3-5-2. Il tecnico trevigiano, però, nonostante sia riuscito a trovare una certa solidità difensiva, non riesce a tirare fuori la squadra dal pantano della zona retrocessione a causa di una sterilità offensiva preoccupante. Breda viene esonerato dopo 12 partite in cui ha ottenuto 3 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte, con una media-punti praticamente identica a quella di Martusciello. Con l’affidamento della squadra a Pasquale Marino, tutte le scelte successive all’esonero di Martusciello vengono sconfessate per rispolverare il 4-3-3. Un ritorno alle origini che chissà se pagherà. L’unica cosa certa è che il tutto è costato 16 milioni di euro di investimenti sul mercato, due DS e tre allenatori a busta paga (per fortuna di Iervolino, Colantuono aveva risolto il contratto).

La storia già vista: i quattro cambi dell’anno scorso

Come anticipato poc’anzi, quella di quest’anno è una situazione di déjà vu. Già nella disastrosa scorsa stagione in A, terminata con una mesta retrocessione all’ultimo posto, la Salernitana adoperò quattro cambi di allenatore per aspettare una sterzata che non arrivò mai.

L’inizio difficile sotto la gestione di Paulo Sousa e i continui screzi tra il tecnico lusitano e l’allora DS Morgan De Sanctis condizionarono pesantemente la sessione di mercato estiva. Il portoghese, affidandosi ai suoi 3-4-2-1 e 4-3-2-1, non riuscì ad ottenere nemmeno una vittoria, lasciando la barca dopo 8 partite in cui ottenne il magro bottino di 3 pareggi e 5 sconfitte.

© Carlo Giacomazza; Us Salernitana 1919

Il 10 ottobre, per sostituire Sousa, arriva Filippo Inzaghi, tecnico specialista nelle promozioni dalla B alla A, ma reduce da tre stagioni in A poco esaltanti alla guida di Milan, Bologna e Benevento. L’allenatore piacentino decide di puntare su un prudente 3-5-2 per dare alla squadra più sicurezza a livello difensivo, ma i granata si ritrovano ultimi a -7 dalla salvezza. Nel frattempo, De Sanctis viene rimpiazzato dal cavallo di ritorno Walter Sabatini e il rapporto poco idilliaco tra il nuovo DG e il trainer emiliano culmina nell’esonero di quest’ultimo.

Inzaghi lascia Salerno dopo aver ottenuto 2 vittorie, 4 pareggi e 10 sconfitte in 16 partite. Al suo posto, l’11 febbraio viene scelto Fabio Liverani, tecnico più votato al gioco offensivo con i suoi 4-3-3 e 4-3-1-2. La scelta si rivelerà infelice: il trainer romano viene esonerato dopo solo 5 partite in cui racimola 1 pareggio e 4 sconfitte, lasciando in eredità una squadra sconquassata dai dissidi interni (vedi caso Dia) e una difesa colabrodo con 12 gol subiti.

Vista la situazione virtualmente compromessa, il 19 marzo si opta per la soluzione interna che porta il nome di Stefano Colantuono. L’allora responsabile del settore giovanile traghettò la squadra nelle rimanenti 9 partite, ottenendo lo score di 3 pareggi (di cui 2 prestigiosi sui campi di Juventus e Milan) e 6 sconfitte alternando perlopiù 3-4-2-1 e 3-5-2.

La sensazione di déjà vu diventa ancora più inquietante se si pensa a quante similitudini si riescano a trovare con la stagione attuale. I quattro allenatori (di cui l’unica costante è il ritorno di Colantuono), due uomini mercato diversi, continui cambi modulo, quasi 29 milioni spesi sul mercato e confusione totale a livello dirigenziale si riflettono come in uno specchio.

Quattro allenatori cambiati: chi come la Salernitana

Quanto fatto dai granata in queste ultime due stagioni sui cambi di allenatore non è un unicum nel panorama calcistico italiano.

I precedenti sono perlopiù sconfortanti perché quasi in nessun caso è arrivato il lieto fine, sia per quanto riguarda la corsa salvezza che per quanto concerne obiettivi più nobili. Pensando alla salvezza, il pensiero non può non arrivare al Napoli 1997-1998. I partenopei chiusero quella disgraziata stagione all’ultimo posto in Serie A alternando sulla propria panchina Bortolo Mutti, Carlo Mazzone, Giovanni Galeone e il traghettatore Vincenzo Montefusco. Certo, un disastro come quello perpetrato dal Palermo 2016-2017, in cui l’allora vulcanico presidente Maurizio Zamparini cambiò addirittura 5 allenatori per scongiurare l’inevitabile retrocessione in B (Davide Ballardini, Roberto De Zerbi, Eugenio Corini, Diego Lopez, Diego Bortoluzzi), dalle parti di Salerno ancora non si è mai visto.

Per quanto concerne obiettivi più nobili, come fai a non pensare all’Inter 1998-1999, che si ritrovò fuori da lotta Scudetto e coppe europee dopo aver visto sedere in panchina Gigi Simoni, Mircea Lucescu, Luciano Castellini e Roy Hodgson? Oppure alla Roma 2004-2005 che, con Cesare Prandelli, Rudi Voeller, Gigi Delneri e Bruno Conti, si ritrovò improvvisamente a lottare per la salvezza anziché per lo Scudetto?

Eppure qualche illustre precedente a lieto fine c’è. Non c’è bisogno di girare più di tanto le lancette dell’orologio, basta semplicemente ricordare cosa accadde l’anno scorso in Serie B, più precisamente a Bari. Nella scorsa stagione, la squadra pugliese riuscì a centrare una clamorosa salvezza ai play-out contro la Ternana dopo aver cambiato quattro allenatori: Michele Mignani, Pasquale Marino, Beppe Iachini e Federico Giampaolo. Oppure basta ricordare la tribolata salvezza in A del Palermo nella stagione 2015-2016, che riuscì a salvarsi all’ultima giornata con questa sequenza da brividi: Iachini, Ballardini, Viviani, Bosi, Giovanni Tedesco, ancora Iachini, Novellino e ritorno finale di Ballardini. Sei allenatori diversi e otto cambi in totale. Insomma, la Salernitana può prendere spunto da almeno un paio di miracoli.

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